Il giornalismo in Sardegna, l’osservatorio dell’UCSI.

 

 

 

Da sinistra Mario Girau Mons. G.Saba – Alessandro Zorco   

“Una comunicazione di relazione che promuova, la verità non astratta, la cultura della comunione. Al centro sia significativo trasmettere la Vita con una partecipazione attiva alla realtà”.

L’auspicio evocato dall’Arcivescovo di Sassari Mons. Gianfranco Saba, segna le conclusioni del dossier sul giornalismo sardo, promosso dall’UCSI Sardegna, presentato a Sassari alla biblioteca del Seminario arcivescovile nella mattinata dello scorso diciannove maggio.

I lavori sono stati introdotti e moderati dal giornalista Mario Girau, già presidente Ucsi Sardegna e co-autore del dossier. Che produce una fotografia puntuale, suffragata da un’indagine accurata nella ricerca dei numeri e sulla posizione professionale contrattuale degli addetti ai lavori coinvolti nella filiera dell’informazione sarda, delle relative testate e organi d’informazioni riconosciuti come tali.

Lo scopo di realizzare una ricerca del genere nasce nel marzo 2017 in un percorso di preparazione propedeutico all’edizione numero quarantotto della Settimana Sociale dei cattolici tenutasi a Cagliari dal ventisei al ventinove ottobre del 2017. Un apposito gruppo di lavoro ha redatto un questionario al quale ha risposto circa un quinto dei giornalisti professionisti iscritti all’Ordine regionale.

Il quadro emerso dall’indagine è stato esposto con l’ausilio di un’efficace grafica digitalizzata proiettata su ampio schermo da Alessandro Zorco, vicepresidente della giunta nazionale UCSI, co-autoredella ricerca.

I dati emersi (gli ultimi disponibili risalivano a dodici anni fa) segnalano uno stato desolante che carica sostanzialmente la responsabilità e il peso di un’informazione essenziale su una schiera di giornalisti in maggioranza precari. Il dettaglio dei numeri restituisce situazioni non immaginabili con un’impressionante varietà di sperequazioni e diversità di posizioni contrattuali e modalità di lavoro.

Il Giornalismo in Sardegna.

La premessa di Girau rimarca il metodo di una ricerca “laica” nell’indagare lo stato del giornalismo sardo, verificandone la rispondenza come giornalisti cattolici, alla vigilia della Settimana Sociale dei Cattolici, rispetto ai valori centrali della persona e del lavoro, incarnati da Papa Francesco.

Il lavoratore povero, precario, non rappresentato dagli organi di tutela stride con un immaginario collettivo che affida al mondo dell’informazione proprio la denuncia e il contrasto a queste vicende non dignitose che attaccano in prima persona proprio cronisti e comunicatori.

Il vaglio sulle testate, le emittenti radio televisive, i periodici registrati (cinquecentocinquanta), l’ampia casististica degli uffici stampa con un faro sull’inadeguata applicazione della legge di settore (l. 150/2000) in Sardegna, apre un dibattito illuminante per i numerosi giornalisti (anche i giovani free lance coinvolti nel dossier in oggetto) intervenuti in aula.

Il ruolo dell’editoria diocesana (quattordici periodici che producono oltre ventimila copie cartacee) con un ricorso importante al lavoro dei volontari, spesso non iscritti all’ordine, ha caratterizzato un capitolo dirimente.  L’intervento di Gianni Garrucciu ha sintetizzato efficacemente posizioni e criticità emerse, annullando, di fatto, le distanze (spesso esasperate ad arte) fra un’informazione laica e un giornalismo “cattolico” recepito di parte o parziale. Citando la metafora del canto del “cardellino giallo nelle miniere” di Enzo Biagi, quale segnalatore della mancanza di ossigeno per gli operai del sottosuolo, il già inviato rai, ha ricordato i suoi primi passi nel percorso giornalistico, mossi proprio nel settimanale della diocesi sassarese (Libertà). Un passaggio importante ha centrato il non secondario tema degli incarichi, consulenze, uffici stampa, ricoperti talvolta da soggetti già contrattualizzati altrove, quando non pensionati.

Al Microfono Gianni Garrucciu

I valori etici della singola coscienza dovrebbero prevalere in ogni caso anche quando si palesano evidenti abusi non compatibili con la deontologia professionale in contrasto con le pur chiare e rigorose regole vigenti.  I contributi di Giampaolo Atzei, Attilio Mastino, Antonio Meloni, Rosario Cecaro, anticipano le conclusioni di Mons. Saba.

Sensibile ai temi della comunicazione (ricorda la sua partecipazione alla rivista Nuovi Argomenti), il presule coglie la coincidenza del calendario liturgico che celebra la festa di Pentecoste per sollecitare una capillare ermeneutica in grado d’interpretare i nuovi linguaggi e unire i popoli di diversa estrazione.

Ricorda Manlio Brigaglia, scomparso nei giorni scorsi, pochi dopo aver firmato il suo ultimo editoriale su Libertà, come un interprete di queste universali aspirazioni.  La sua relazione non trascura i temi concreti del lavoratore giornalista, richiamandone il ruolo a “promuovere la dignità umana, soprattutto quella dei più deboli”. La promozione del professionista (evocata nel Concilio Vaticano II) che riconosca la presenza dei laici come fermento e custodia dei valori della democrazia è urgente e importante. “Non bisogna far prevalere la questione economica sulle funzioni del giornalista” – aggiunge l’arcivescovo sassarese che ricorda come “il tema dei tagli alla cultura non ha un’utilità per il progresso della società e della Chiesa.”. Anche sull’impegno dei laici volontari nelle redazioni diocesane e nelle testate cattoliche Saba è chiaro: “Dopo un certo numero di ore, l’impegno è lavoro”.

Al microfono Antonio Meloni – La Nuova Sardegna

All’uopo auspica l’evolversi di un “artigianato del giornalismo” citando le esortazioni di Giovanni Battista Montini – papa Paolo VI, nello stesso giorno in cui è annunciata la proclamazione a Santo in programma a Roma il prossimo quattordici ottobre.

Un ”giornalismo per il popolo” richiede il continuo confronto con la complessità della realtà: un conto è guardare la Sardegna da fuori, altro raccontarla dall’interno. Il giornalista deve dare voce a queste voci, forte di una spiritualità e una professionalità atta a promuovere l’antropologia del territorio creando una comunità. Ricordando la missione universale della Chiesa, l’aspirazione di un giornalismo in uscita non ripiegato nei bastioni ecclesiastici, è lo strumento che deve superare le criticità persistenti, svelate in modo eloquente dallo stesso dossier. Una sfida che coinvolge tutti, senza esclusione alcuna.

 

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