Dialogando: cooperazione più forte tra Italia ed Europa in Africa.

“Stintino è orgogliosa di queste attività perché c’è sempre bisogno di dialogo fra i popoli.”

Il consueto aplomb pragmatico del sindaco Antonio Diana inaugura nella mattinata del ventiquattro novembre, l’edizione 2018 di Dialogando.  L’iniziativa internazionale nata originariamente come promozione d’incontri e dialoghi interreligiosi ispirati dall’associazione stintinese “Il tempo della memoria” ( –  http://www.iltempodellamemoria.it/  –  circa tre anni fa, ne avevamo seguita la seconda edizione: http://caratteriliberi.eu/2015/12/09/mondo/crisi-umanitarie-stintino-dialoghi-cooperazione-superarle/ ), ha assunto in questa sua quarta edizione una valenza centrale sulle azioni di cooperazione internazionale caratterizzate dalla presenza italiana in una regione ampia del continente africano.

Il titolo e i contenuti  di questa edizione 2018, “Dialogando – Regional Interfaith Talks –Religione, Identità e Cooperazione tra Europa, Africa e Vicino Oriente”, hanno guadagnato l’ambito riconoscimento del marchio “2018 European Year of Cultural Heritage – Anno Europeo del Patrimonio Culturale” del Mibac e della Commissione Europea.

Numerosi e autorevoli gli esponenti politici, religiosi e istituzionali che hanno partecipato alle assise. Che ha avuto un prologo formativo promosso dall’Università di Sassari nella sessione pomeridiana del ventitré novembre. Alla conferenza sul tema “Cooperazione interculturale: nuove frontiere per la solidarietà”, è stata approfondita l’iniziativa italiana in Sudan negli ultimi quattro anni.

All’Università di Sassari

Un intervento risultato decisivo per il Paese africano, coinvolto in un’importante  strategia diplomatica tesa a un’inedita inclusione funzionale della diversità.

Moderato dal prof. Salvatore Rubino (responsabile dei progetti di cooperazione in Sudan), l’incontro, al quale ha preso parte il prof. Abdalla Ali Mohammed, Rettore dell’University of Kassala (Sudan) e il prof. Azis Pollozhani, rettore della Mother Teresa University a Skopje (Repubblica di Macedonia), si è incentrato sulla relazione di Fabrizio Lobasso. Classe 1967, originario di Napoli con venti anni di esperienza in seno alla Farnesina con incarichi di alto profilo internazionale, dal 2015 è Ambasciatore d’Italia in Sudan.

Ambasciatore Fabrizio Lobasso

Le innovazioni salienti avanzate nella sua relazione insistono su un concetto d’interdisciplinarità nelle azioni d’intervento che vanno in connubio con pratiche interculturali.

L’Ambasciatore dimostra con ragionamenti empirici (dal 2014 è docente universitario a contratto di Intercultural Diplomacy presso la UNINT di Roma) che lo stato multiculturale è una situazione statica di tolleranza. L’interculturalità è inevitabile in un approccio olistico in ambito Nexus nelle politiche U.E. In questa tendenza il contatto tra le politiche economiche e quelle umanitarie si stringono, quasi sovrapponendosi, in modo che l’aiuto alle popolazioni in via di sviluppo diventa più auto sostenibile rispetto ai passati interventi “Top Down”.

Per questa diversa norma di cooperazione, decisivo diviene la programmazione del fattore tempo rispetto a una contaminazione con gli stili di vita locali in luogo alle desuete proiezioni degli operatori, abituati a “esportare” un modello di governance occidentale, ritenuto a livello globale oramai superato.

Se il diplomatico Lobasso marca l’uso dei suffissi (“inter”) nella scelta di termini adeguati a un linguaggio efficace e fruibile alla platea studentesca, l’indomani a Stintino dove tornano i citati ospiti dell’ateneo (compreso il prof. Quirico Migheli che nella chiusura serale ha presentato il corso di laurea in “Sicurezza e cooperazione internazionale”),  neologismi e nuove scuole di pensiero emergono nel discorso di Filippo Spanu. L’assessore agli affari regionali descrive il ruolo della Sardegna nel contesto geopolitico del Mediterraneo africano. Un disegno programmatico, la cui realizzazione è auspicabile in un futuro ragionevolmente vicino.

Negli interventi precedenti i saluti istituzionali del presidente del consiglio regionale Gianfranco Ganau fanno il paio con quelli dell’arcivescovo di Sassari Gianfranco Saba, grato alle istituzioni locali sarde di favorire proprio a Sassari l’apertura di un polo di alta formazione interculturale e interreligioso per la ricerca e la formazione specialistica.

Presidente Consiglio Regionale Sardo
Gianfranco Ganau
Mons. Gianfranco Saba

“Non possiamo consentire ritardi nel territorio del nord ovest Sardegna così bisognoso di redenzione sociale”, ha terminato il presule turritano.  Nella prima sessione mattutina risalta il contributo del principe libanese Majid Talal Arslan, ricercatore in Scienze politiche e relazioni internazionali.

L’accademico orientale ha evidenziato le cause storiche che originano le divisioni settarie del suo Paese. Elementi prevalentemente politici ed economici adombrati dai conflitti religiosi. L’analisi si concentra sui giovani profili che ingrossano, le fila degli estremisti. Soggetti provenienti dalle famiglie più povere e disagiate, in maggioranza lavoratori saltuari e sottopagati quando non disoccupati.  La soluzione va ricercata, secondo Arslan che si esprime in un ottimo inglese, nel consolidamento dei principi democratici. Accompagnati da investimenti d’impatto che rispondano alle attese delle popolazioni locali.

“I Libanesi non sono portati naturalmente al conflitto. Siamo vittime di conflitti: Drusi e Maroniti prima, Mussulmani Sciiti e Sunniti poi.”. Fattori prevalentemente esterni rispetto alla natura autoctona delle comunità locali.

La sessione pomeridiana, “Identità religiose e culturali tra conflitto e cooperazione in Europa”, moderata da Graziano Milia, è stata dedicata ad alcuni aspetti della cultura sarda che la pongono in relazione con la vicina Corsica e con le altre regioni dell’Unione europea.

Assessore RAS Filippo Spanu
Prof. Quirico Migheli

Tanti i contributi e i relatori avvicendatisi al tavolo di presidenza.  Una riunione di voci “diverse” che hanno realizzato quella diplomazia “ibrida” bene illustrata nella mattinata dallo stesso Ambasciatore Lobasso. Il quale ne ha disegnati i tratti civili dei promotori (associazioni, volontariato, istituzioni locali e società civile), più vicine alle istanze “dal basso” rispetto alle assemblee sovranazionali regolate dalle burocrazie e dai protocolli delle amministrazioni statali e parastatali.

Iniziative tutte dove al crescere delle pluralità si alimentano dicotomie e paradossi. Basti pensare al complesso e tortuoso compromesso fra la tutela e la garanzia dei diritti civili di ogni essere umano rispetto alle situazioni contingenti che investano le società occidentali rispetto al tema delle migrazioni e della sicurezza. Senza tralasciare gli stessi temi degli interventi delle cooperazioni sovranazionali rispetto ai reali comportamenti legati agli stessi interessi economici delle nazioni avanzate puntualmente evocati.

Fin quando negoziati e dialoghi saranno prevalenti rispetto ad altre forme d’intervento nelle relazioni internazionali, probabilmente si conteranno conflitti estremi.

 

 

 

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