Ultimo banco, a Codrongianus Giovanni Floris sale in cattedra.

Un caloroso bagno di folla ha accolto il noto volto televisivo Giovanni Floris, intervenuto nella serata del due agosto a Codrongianus, nell’ambito del festival letterario Entula (http://entula.liberos.it/).

Un affascinante ambiente, il piazzale agreste antistante alla splendida basilica di Saccargia, ha accolto il giornalista romano, in escursione dal suo buen ritiro vacanziero di Olbia, ben disposto a intavolare un dibattito serio in un’atmosfera amicale, rinfrescata dalla brezza serale.  L’occasione, la presentazione dell’ultimo libro di Floris, “Ultimo banco”, edito lo scorso diciannove aprile. Primo titolo d’esordio nella neonata casa editrice Solferino (http://www.solferinolibri.it/), costola del gruppo RcsMediagroup, diretta da Luisa Sacchi e dedicata alla saggistica, alla poesia e alla narrativa per i ragazzi. 

Il libro, che approfondisce temi decisivi nella scuola italiana, ha un sottotitolo che svela un intento da condividere: “Perché insegnanti e studenti possono salvare l’Italia.”

Più che un auspicio, il lavoro d’indagine di Floris, appare un imperativo politico da diffondere e sostenere in ogni luogo italiano. Una missione ardua che necessità di uno sguardo unanime non solo della politica italiana. Non è casuale, se il battesimo del testo, sia avvenuto a Roma, in coincidenza con la distribuzione in libreria, alla Feltrinelli in Galleria Sordi, alla presenza di Enrico Letta.

Seduti: M.Sechi G.Floris M.P.Curreli

Con gli amministratori comunali di Codrongianus (sindaco e assessore alla cultura), Aldo Addis (libreria Koinè di Sassari) che ne ha curato l’allestimento, hanno preso parte come moderatori della discussione due veterani dirigenti scolastici sassaresi, il professore Massimo Sechi, per anni alla guida del liceo classico Domenico Alberto Azuni e la professoressa Maria Paola Curreli, negli ultimi quattro anni dirigente del liceo scientifico Giovanni Spano.

“Un saggio che si legge e si beve – ha esordito la Curreli introducendo l’autore – racconta la scuola italiana in paragrafi dedicati ai professori, agli studenti, ai genitori. In effetti, mancano i dirigenti scolastici, aggiunge ironica.”.  E’ invece un preside, citato nel libro, che riconosce nei genitori il problema primario, nel puntuale aplomb gioviale di Floris.

Che in ogni caso non intende elencare nel suo compendio i problemi emergenti della scuola italiana: “…io penso che i problemi della scuola, non siano della scuola ma problemi del Paese.”

Da quest’apparente paradosso scaturisce un ragionamento forte che apre nuove visioni di osservazione delle dinamiche sociali del Bel Paese.

“Non affidiamo più alla scuola il compito di formarci.” Il secondo concetto introduce il vulnus del dibattito che coinvolgerà l’intera platea.  Le riflessioni di Floris, approfondite nel testo e suffragate dalle varie testimonianze riportate, poggiano su un costume diffuso dell’italiano medio che ostenta un consolidato pregiudizio benpensante e autoreferenziale. Questa tendenza scarica su tutte le istituzioni e i soggetti esterni al proprio ego, responsabilità e guasti di un sistema culturale che di “culturale” ha davvero ben poca cosa.

Si è dissolto il profilo autorevole del professore, ricorda il giornalista, che rispetto alle responsabilità e competenze a lui assegnate, ricevono remunerazioni irrisorie.

Su quest’ultimo punto, evolvono posizioni diverse che amplificano lo spettro della discussione: meritocrazia, mansioni, formazione, accesso alla cattedra, giudizi di merito.

Floris insiste su una “rivoluzione del pensiero unico”, piuttosto che sul disegno dell’ennesima riforma scolastica di governo, specchio dell’impronta elettorale caratterizzante ogni esecutivo che subentra al precedente.

Non mancano i contributi dei docenti che accompagnano lo scrittore in ribalta. Sechi ritiene che l’avvio della “scuola dell’autonomia” abbia segnato l’inizio di un declino crescente consumatosi in un sostanziale “abbandono” dei singoli istituti. Schiacciati dal peso di competenze che erano del Ministero e dalla logica dei numeri. Una caccia agli iscritti in una feroce concorrenza fra le singole scuole per l’accaparramento dei target utili al mantenimento della sopravvivenza finanziaria, alla sostenibilità degli organici.

La Curreli segnala il progressivo aumento dei carichi di lavoro (inutili, vedi test invalsi e dintorni), spesso dilatatisi sino a notte fonda, con l’erosione crescente del tempo vivo e decisivo, sottratto al counselling con studenti e genitori.

L’ultimo banco deve tramutare in occasione di pari opportunità e la scuola deve essere il luogo, dove i ragazzi apprendono gli strumenti e i saperi per comprendere la realtà, prima di collezionare lauree o diventare “lavoratori”.

“C’è un paradosso enorme, dove i nostri genitori, che si spezzavano la schiena in fatiche fisiche immani, ci imponevano ogni giorno di studiare per avere un futuro migliore del loro. Oggi chi ha una o più lauree insistono col figlio nella ricerca di un lavoro immediato. Ricordiamo il Gramsci sardo che ripeteva: studiare – studiare – studiare. ”      

Nel deficit del pensiero strategico affidato alla scuola italiana, non è un caso, secondo Floris, il salto a piè pari del neo premier Conte, nel suo discorso inaugurale alla Camera dei Deputati, sull’argomento scuola, mai citato negli oltre settanta minuti della sua relazione d’esordio istituzionale.

La varietà degli spunti si amplifica al pari degli interventi dal parterre: non solo addetti ai lavori (moltissimi i docenti accomodatisi nelle sedie sistemate sul prato andate tutte esaurite), ma anche artigiani, piccoli impresari e tanti genitori.

Volano via le ore in un’utilissima serata d’agosto. Un prolungato firma copie prima del congedo finale e il rientro per Floris e signora alla meritata vacanza.

Prima di quanto si pensi, si realizzerà l’urgenza di applicare il salvataggio ricordato in copertina. Di qui l’invito imperante di Maria Paola Curreli: “leggete questo bellissimo libro!”.   

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