“Ho un materasso di parole. Scritte apposta per te. E ti direi spegni la luce. Che il cielo c’è.”.
L’espressione stralciata dalla bellissima “Canzone” di Lucio Dalla, “mi ritorna in mente” nello spettacolo “Fuochi sulla collina”, andato in scena lo scorso quattro maggio al teatro Verdi a Sassari. L’introspettiva sul percorso umano e professionale di Ivan Graziani, ha rivissuto in oltre due ore sul palco in compagnia di Filippo (Filo) figlio del cantautore abruzzese originario di Teramo e di Andrea Scanzi, prima firma de Il Fatto Quotidiano, autore e saggista in più aree tematiche. La predilezione sulla musica d’autore, argomento della sua tesi di laurea in lettere moderna, rende Scanzi fine oratore anche in quest’ultimo progetto teatrale.
Quarto appuntamento nel cartellone della ventunesima edizione del Festival di musica e parole Abbabula ( https://www.festivalabbabula.com/abbabula-2019-il-programma-completo/ ) organizzato a Sassari dall’Associazione “Le Ragazze Terribili”.
In quest’occasione l’incontro in ribalta vive esclusivamente nella narrazione del giornalista aretino, alternata dalle visitazioni musicali del giovane Graziani. Circa cinque anni sono trascorsi dalla venuta di Scanzi nel sassarese. Nel 2014 il musicologo aveva presentato al teatro Parodi di Porto Torres in coppia con Giulio Casale “Le cattive strade”.
( http://caratteriliberi.eu/2014/10/02/in-evidenza/in-sardegna-pulsa-cuore-faber/).
Un approfondimento intimo e viscerale nella poetica del Faber sul solco dell’altrettanto importante approfondimento su Giorgio Gaber (“Gaber se fosse Gaber” con l’evoluzione in cinque repliche nel 2019, “E pensare che c’era Giorgio Gaber” ).
Nel tributo a Ivan Graziani batte forte l’unicum anarcoide del cantautore atipico anni settanta. Non pensava di fare il musicista Graziani e la sua prima arte realizzava grafica e fumettistica.
E’ ricordato come grande chitarrista, primo musicista ad aver coniugato in Italia rock e canzone d’autore. Inizialmente entra sul palco Filippo che evoca i brani più espressivi del papà. I suoi ricordi rivitalizzano più avanti con aneddoti e testimonianze allegre, quando l’abbrivo s’è sciolto e il rapporto col pubblico è divenuto quasi familiare.
Mancano diversamente dalle altre rappresentazioni, documenti video o fotografici che in molti casi fanno la differenza. La resa dello show arricchita dalla timbrica di Filo che inforca una delle storiche chitarre del padre, si nutre molto dell’abilità orante di Scanzi.
Forte di padronanza linguistica ammaliante che non lascia quasi l’ombra del dubbio a chi lo ascolta, Filo gli si rivolge chiamandolo Maestro. Il percorso storico culturale di Ivan Graziani incrocia inevitabilmente carriere e storie di altri colleghi e protagonisti della musica italiana. Risaltano le note (talvolta incomprese) prese di distanza da offerte di collaborazioni allettanti: dalla coppia regina Mogol – Battisti a PFM o altri nomi importanti di un’epoca irripetibile. S’incontrano i profili già noti e visitati dallo stesso cronista: Faber e Gaber. La Sardegna torna terra comune e luogo di straordinaria ricerca antropologica grazie anche alle radici etniche. La madre di Ivan, nonna di Filo, originaria di Alghero, riunisce anche fisicamente al termine dello spettacolo una vivace rappresentanza di parenti, emozionati nel rivedere l’artista sul palco.
Anche la citazione di Anna, moglie di Ivan, ispiratrice di tanti piccoli capolavori musicali, salda l’idea di una famiglia laica non ortodossa, legata da robusti vincoli valoriali.
Sdoganati gli stereotipi dai toni impegnati e politicizzati della musica d’autore, la narrativa di Scanzi non supera un’ostentata sicurezza delle proprie affermazioni. Derivate evidentemente da una profonda conoscenza dei temi proposti. Anche due refusi maldestri completano il monologo. Il secondo è immediatamente corretto dal pubblico, quando il Supramonte barbaricino tramuta come Aspromonte calabrese, Scanzi incalza con le scuse.
Il primo è inosservato, quanto non secondario, dove soffermandosi ancora sul Faber nella metafora del brano “La domenica delle salme”, si riferisce all’aspetto liturgico della domenica delle palme come alla domenica di Resurrezione, ovvero quella successiva di Pasqua.
Poco male. Ricordare Ivan Graziani significa ricordare il meglio della nostra cultura e storia italiana. La Musica, la Letteratura, il Teatro sono assi portanti e il Festival Abbabula lo testimonia da oltre quattro lustri con dovizia e puntuale impegno.