Un anno senza Don Elvio. Vive con noi la sua Carità.

La sua scomparsa destò il dolore unanime per una mancanza percepita da subito incolmabile.

Un’ampia rassegna stampa ne ricordò il lungo percorso della sua vita, speso incarnando ogni giorno l’essenza del ministero sacerdotale.

Don Elvio Damoli. Fonte: portale dell’Opera Don Calabria.

Difficile esternare lo stato d’animo provato nel pomeriggio della domenica quando, durante il mio turno di lavoro, ricevetti la notizia che don Elvio Damoli non avrebbe più letto (almeno alla sua abituale postazione di lavoro) la mail che gli avevo spedito poche ore prima:      

——– Messaggio Inoltrato ——–

Oggetto: Rassegna stampa. Roma. La Chiesa e la città nel XX secolo.
Data: Sun, 17 Jan 2021 01:42:47 +0100
Mittente: LuigiCoppola 
A: DamoliDonElvio 
   

         Buongiorno Don Elvio,

ti segnalo il link della mia recensione postata questa notte in rete :

sul saggio scritto da Andrea Riccardi e Marco Impagliazzo,

fondatore e presidente della Comunità di Sant’Egidio.Provo a chiamarti più tardi o nei prossimi giorni. Un caro saluto, Luigi.

Don Elvio era spirato nel pomeriggio di sabato 16 gennaio nella casa dell’Opera don Calabria a Roma  in Via Soriani: https://www.doncalabria.it/news/don-elvio-damoli-230

L’umanità di Elvio Damoli, la fiducia di sentirsi una persona considerata e accolta, percepita in qualsiasi suo interlocutore l’ho vissuta sin da bambino, quando lo avevo conosciuto nei primi anni Settanta alla parrocchia di San Giacomo degli Italiani.

All’epoca don Elvio lavorava come cappellano al carcere di Poggioreale. Fu con lui che provai la “prima da chierichetto”.  Un debutto talmente emozionato, potremmo dire anche fantozziano, per il sottoscritto, capace di rovesciare durante la prima messa mattutina (frequentata in un giorno feriale, giusto da sparute fedelissime pie anziane) l’ampollina di vetro contenente il vino per l’imminente consacrazione liturgica.      

Tante le immagini, i ricordi di speciali condivisioni che mi ha donato in questi ultimi anni nel suo ultimo servizio assunto presso il centro polifunzionale dell’Opera don Calabria a Primavalle.

La gioia paragonabile a quella di un fanciullo che mi manifestò telefonicamente, pochi anni fa, penso nel 2019, per aver festeggiato i sessanta anni di sacerdozio concelebrando messa insieme a Papa Francesco.       

Indimenticabile una mattina romana di diversi anni prima. Ci incontrammo nella cappella della stazione di Roma Termini. Entrambi in viaggio: io in transito, in arrivo dalla Sardegna e in proseguimento per Napoli, lui aveva differito la partenza in treno per raggiungere Chieti dove collaborava stabilmente in diocesi. Una direzione spirituale decisiva in quel periodo, preziosa a distanza di anni, per interpretare situazioni difficilmente accettabili. Anche rispetto a comportamenti umanamente poco comprensibili, quando riferibili a qualche ministro della stessa Chiesa.     

L’emozionante notizia appresa pochi giorni fa (ripresa nella foto sottostante), pubblicata con l’ultimo numero del periodico dell’Opera don Calabria L’AMICO mi ha spinto a scrivere queste righe.

Fonte : numero novembre-dicembre 2021 de L’AMICO.

Il centro di accoglienza “Don Elvio Damoli” è un atto di amore che ospiterà insieme agli ultimi in estreme difficoltà l’esercizio vitale dell’accoglienza e della carità incarnato in tutta l’esperienza terrena del povero servo calabriano.  

Certamente superiori e autorevoli le numerose testimonianze di chi ha lavorato fianco a fianco e condiviso la stessa vocazione di don Elvio.  

Vorrei segnalarne alcune fra le più significative.    

Cosi Mons. Francesco Soddu, ordinato arcivescovo della diocesi di Terni, lo scorso cinque gennaio, già Direttore nazionale della Caritas, presentava con l’introduzione al libro “Abitare la Carità” (a cura di Salvatore Ferdinandi, Edizioni Dehoniane Bologna 2015) il pensiero di don Elvio.

Che ricoprì lo stesso incarico alla guida della Caritas dal 1996 al 2001.  

“La figura di Don Elvio Damoli, come religioso dell’Opera don Calabria e quindi portatore dello specifico carisma della carità e dell’amore per i poveri, ha rafforzato in questa direzione l’impegno di Caritas Italiana, nel quinquennio 1996-2001 in cui è stato direttore.

Tutta l’attività pastorale di don Elvio è caratterizzata dall’attenzione alle molteplici forme di povertà e sofferenza, verso le quali ha potuto sollecitare il coinvolgimento della Chiesa, sia a livello diocesano che nazionale, a dare risposte non in termini assistenzialistici ma di tutela dei diritti e di promozione della dignità della persona nella sua totalità.

Da parte di Caritas Italiana, dopo la pubblicazione degli scritti di mons. Giuseppe Pasini e di mons. Giovanni Nervo, con il presente volume si intende mettere in evidenza l’importanza di <<abitare>> la carità, attraverso il contributo di don Elvio Damoli, con il percorso fatto riguardo al tema della pastorale della carità, in sintonia con il cammino della Chiesa, nel decennio 1990-2000, Evangelizzazione e testimonianza della carità….”

Il video che segue rinnova il ricordo dei confratelli dell’Opera don Calabria nel servizio giornalistico realizzato da Marina Zerman per Telepace:     

Termino questo piccolo contributo in occasione del primo anniversario della salita al Padre di don Elvio con il testo, affettuosamente concessomi da Mons. Bruno Forte.

La sua paterna vicinanza, sin dalle prime ore trascorse dalla triste notizia è un importante vincolo di un comune sentire.         

Celebrazione esequiale di Don Elvio Damoli, PSDP

Parrocchia Santa Maria Assunta e San Giuseppe a Primavalle, Roma

19 gennaio 2021

Omelia dell’Arcivescovo di Chieti-Vasto

Bruno Forte

“La nascita al cielo di don Elvio Damoli ci ha colti all’improvviso, come avviene quando se ne va qualcuno che reputi così prezioso e importante per te e per tanti, che ti sembra non possa veramente andarsene: in realtà, ne sono certo, Elvio ha solo cambiato residenza, andando in cielo a congiungersi a San Giovanni Calabria, che aveva conosciuto e seguito con amore, e ai tanti, soprattutto poveri e bisognosi, per cui ha speso la sua vita di “povero figlio della divina Provvidenza”, parroco a Milano, cappellano del Carcere di Poggioreale a Napoli, direttore della Caritas napoletana e poi della Caritas nazionale. In essa Elvio aveva raccolto l’eredità di Mons. Giovanni Nervo e del suo successore, Mons. Giuseppe Pasini, che lo aveva definito “uomo dotato di grande spirito di povertà, che crede fino in fondo a quell’educazione alla carità cristiana, che è il vero motore della Caritas”. Con queste attitudini, Don Elvio aveva saputo affrontare grandi sfide, da quella del terremoto del 1980 a Napoli e in Irpinia, alla stagione di Tangentopoli, con la crisi dei partiti tradizionali e l’attacco al cuore dello Stato della criminalità organizzata. Alla guida dell’organismo pastorale della CEI, poi, ne aveva aperto gli orizzonti a interventi in aree di crisi internazionali e aveva collaborato con il Governo del nostro Paese per la stesura del testo unico sull’immigrazione. In forza dell’amicizia e della stima, che mi hanno unito a Lui da oltre quaranta anni, e alla luce della Parola di Dio, che la liturgia ci propone oggi, vorrei sottolineare di don Elvio soprattutto tre aspetti: la grande fede, sorgente di speranza salda; la libertà, frutto del primato dato alla carità; e la tenerissima umanità.

            La prima lettura ci aiuta a ricordare di don Elvio la carica di profondissima fede e straordinaria speranza che lo animava, realizzando in sé quanto afferma l’Autore della Lettera agli Ebrei nel testo oggi proclamato (6,10-20): “Desideriamo che ciascuno di voi dimostri il medesimo zelo perché la sua speranza abbia compimento sino alla fine, perché non diventiate pigri, ma piuttosto imitatori di coloro che, con la fede e la costanza, divengono eredi delle promesse”. Ispirandosi a Don Calabria, per il quale “tutto deve essere riferito a Dio, solo a Lui, sempre a Lui”, perché Lui è il Signore della vita e della storia, che “sceglie proprio le persone più povere e incapaci per attuare i suoi progetti di salvezza, perché si sappia che è Lui l’Autore e non gli uomini”, Elvio ha creduto con una fede cristallina, da cui ha tratto lo zelo di una speranza, vissuta senza esitazioni e fino in fondo: grazie ad esse, Elvio scommetteva su ogni persona che incontrava, credendo sempre alla possibilità di un nuovo inizio per tutti e dando a ciascuno fiducia nella possibilità di un nuovo futuro per sé e per gli altri. Anche le altre frasi del testo della Lettera agli Ebrei sembrano scritte per lui: “Dio non è ingiusto tanto da dimenticare il vostro lavoro e la carità che avete dimostrato verso il suo nome, con i servizi che avete reso e che tuttora rendete ai santi”. Il Signore non dimenticherà gli innumerevoli servizi che Elvio ha reso ai Suoi figli! Ecco perché possiamo essere certi che l’Eterno gli stia ora dicendo le parole con cui continua il brano: “Ti benedirò con ogni benedizione e renderò molto numerosa la tua discendenza”. Con pari certezza crediamo che la speranza contagiosa di don Elvio sia ora per lui “come un’àncora sicura e salda”: veramente, “essa entra fino al di là del velo del santuario, dove Gesù è entrato come precursore per noi, divenuto sommo sacerdote per sempre secondo l’ordine di Melchìsedek”.

            Il passo tratto dal Vangelo secondo Marco (2,23-28), poi, ci fa ricordare un altro aspetto caratteristico di don Elvio: la sua libertà. Egli era veramente libero da sé e da ogni forma esteriore, dietro cui spesso la fragilità umana si sottrae alle esigenze della carità. Ai tanti ben pensanti che ancora oggi si scandalizzano facilmente dell’“eccesso” necessario alla vera carità, ponendo la domanda ipocrita «Perché fanno in giorno di sabato quello che non è lecito?», Elvio ha sempre risposto come Gesù: «Il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato!», ricordando a tutti con la sua testimonianza quanto sia vero che «il Figlio dell’uomo è signore anche del sabato». Seguendo con tutto sé stesso il Signore Gesù, Elvio è stato anzitutto libero dal proprio io, non cercando mai riconoscimenti o gratificazioni per sé. Ciò che contava per lui era solo e sempre servire i più poveri e farlo con discrezione e umiltà, rispettando la dignità di ogni essere umano, quale che fosse la sua condizione o il suo bisogno. Elvio è stato poi libero in rapporto alle cose: la sua povertà era perfino toccante. Anche in questo voleva essere un fedele discepolo della divina Provvidenza, alla scuola di Don Calabria, che ai suoi figli indicava così la strada da percorrere: “Mostrare al mondo che la divina Provvidenza esiste, che Dio non è straniero, ma che è Padre, e pensa a noi, a patto che noi pensiamo a lui e facciamo la nostra parte, che è quella di cercare in primo luogo il Regno di Dio e la sua giustizia”. La povertà scelta e vissuta è, in realtà, l’altro nome della fiducia nella divina Provvidenza, al cui servizio Elvio ha posto tutta la sua vita. Infine, la libertà è stata vissuta da don Elvio in rapporto agli altri: pronto ad ascoltare tutti, non abdicava alla sua intelligenza e al suo cuore di fronte a nessuno. Anche così, Elvio desiderava essere sempre lì “dove nulla c’è umanamente da ripromettersi”, secondo le parole di don Calabria. Proprio grazie a questa libertà interiore, egli poteva parlare a tutti senza calcolo o timore, avvocato dei poveri e servitore degli umili, pungolo dei potenti e stimolo ai benestanti a mettersi in gioco non per il proprio interesse, ma per il bene dei più poveri e dei più deboli.

            Infine, di don Elvio vorrei ricordare la tenerissima umanità: è quella, per fare un solo esempio, che hanno sperimentato i giovani in formazione nel Seminario Regionale a Chieti, dove egli ha svolto il servizio di direttore spirituale e confessore negli ultimi dieci anni della Sua vita senza risparmiarsi, benché ormai avanti negli anni. Come tanti dei giovani stessi mi hanno confidato, davanti a lui cadeva ogni barriera di falsa prudenza, ogni paura di essere giudicati. Elvio ascoltava, accoglieva, accompagnava, aiutando la persona che gli stava dinanzi a liberarsi da ogni timore, a stare davanti a Dio in umiltà e pace. Veramente, la Sua presenza è stata in benedizione, riuscendo a irradiare in tutti fiducia, serenità e gioia nell’affidamento al Signore. Anche per questo sono convinto che tanti di essi – molti ormai già sacerdoti – porteranno per sempre nel cuore il suo esempio e cercheranno di essere come lui “poveri servi” del Dio che è misericordia infinita, fedelissimo amore, tenerezza che libera e salva. Maria, che Elvio ha tanto amato, lo accolga ora in cielo con gli Angeli e i Santi. E da lì Elvio continui a volerci bene, intercedendo per noi e aiutandoci a essere come lui totalmente abbandonati nelle mani del Padre, fiduciosi in Lui, vigili e generosi verso ogni dolore o bisogno dei nostri compagni di strada, perseverando sereni nella sequela del Signore Gesù. Preghiamo, allora, per Elvio e con Lui: Accogli, Signore, nella gioia del Paradiso il Tuo servo don Elvio. Lui, che tanto Ti ha amato e in Te ha creduto con totale abbandono, sperimenti ora il Tuo abbraccio di Padre nell’oceano del Tuo amore infinito, gratuito e fedele per sempre. Gli facciano compagnia al Tuo cospetto la Vergine Madre, a Lui così cara, e San Giovanni Calabria, suo maestro e modello. Lo accolgano in festa i poveri che ha amato e servito e a loro si unisca nel cantico di lode per le Tue meraviglie. E l’Agnello sacrificato, ritto in piedi vittorioso sull’altare del cielo, lo renda partecipe della Sua intercessione per noi. A noi, che preghiamo per Lui, giunga il conforto della sua preghiera per noi, in una comunione profondissima di amore e di pace, nutrita dal pane di vita, che ci dona la speranza e la gioia che non avrà mai fine. Amen. Alleluia.”

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