I MIGLIORI DANNI DELLA NOSTRA VITA. Al teatro Massimo di Cagliari bagno di folla per il ritorno di Marco Travaglio.

Nel titolo, che parafrasa uno fra i capolavori canori di Renato Zero, tutto il programma dell’ultima produzione  in prosa teatrale di Marco Travaglio.

Il fondatore e direttore de Il Fatto Quotidiano nelle note di regia di questo suo ultimo spettacolo, lo presenta come una sorta di reportage capace di descrivere

«come i poteri marci della politica, della finanza e dell’informazione hanno ribaltato il voto degli italiani del 2018, dal cambiamento alla restaurazione, dalla questione morale e sociale all’Ancien Régime e alla guerra infinita, rovesciando il governo Conte2 e consegnando l’Italia all’ammucchiata di Draghi, che ha spianato la strada al ritorno delle vecchie destre riverniciate da nuove dietro il volto di Giorgia Meloni».

L’approdo in Sardegna prevede due repliche nell’ultimo fine settimana di gennaio al teatro Massimo di Cagliari. Due date andate esaurite grazie alla rassegna “Pezzi Unici”/Rassegna Trasversa. Organizzata dal CeDAC / Circuito Multidisciplinare dello Spettacolo dal Vivo in Sardegna al Teatro Massimo di Cagliari con il patrocinio e il sostegno del MiC / Ministero della Cultura, dell’Assessorato della Pubblica Istruzione, Beni Culturali, Informazione, Spettacolo e Sport della Regione Autonoma della Sardegna e del Comune di Cagliari con il contributo della Fondazione di Sardegna.

Alla vigilia del compimento dei primi cento giorni del nuovo esecutivo nazionale, guidato per la prima volta nella storia repubblicana, da una donna, il giornalista torinese avvia il suo nuovo monologo. Poco dopo le venti e trenta di sabato ventotto gennaio.

Sulle tracce de “I Segreti del Conticidio(M. Travaglio edizioni Paper First)– sull’ipotesi di un “golpe” all’italiana, senza spargimento di sangue, ma con l’insediamento del «governo dei migliori» in vista della gestione dei 209 miliardi di euro del Recovery Fund – in un avvincente one-man-show, il narratore, straordinario affabulatore, offre una serie di argomentazioni che intrecciano antichi e moderni percorsi. Battuti con una sprezzante ironia.

Capace di snellire i pesanti teoremi coinvolgenti raffinati giochi di potere, mandanti occulti e palesi, “misteri” svelati e scomode verità.

Un affresco brillante e tutto da scoprire che alle sorti dei due governi di Giuseppe Conte fa seguire ipotesi verosimili sulle recenti derive politiche, condizionate dalle ricadute socio economiche internazionali dovute al conflitto militare tra Russia e Ucraina.

Dinamiche affrontate dalle tentate strategie del nuovo governo guidato da Giorgia Meloni, nel difficile confronto con alleati e avversari dentro e fuori dall’Unione Europea.

Un futuro ancora tutto da scrivere, in cui l’Italia soggiace in uno stato di cronica dipendenza, non solo economica, da volontà politiche esterne all’autorità nazionale (a proposito della repentina virata atlantista impegnata dalla neo premier Meloni), costituzionalmente affidata alla sovranità democratica popolare.

Travaglio tiene sul pezzo l’intera platea, tutto il pubblico per un viaggio di cica tre ore.

Non ci sono intervalli programmati. Molti e improvvisi gli scrosci intensi di applausi, che si frappongono alle naturali, poco confutabili conclusioni del tribuno orante.

Suffragate da brevi trailer e immagini proiettate al maxi schermo digitale.

Molte riguardano la nomenclatura politica nazionale. La carrellata iniziale dei ministri del neonato governo è mirata in un impietoso quadro satirico.

Altri comprimari (rappresentanti la giunta regionale lombarda nelle drammatiche quarantene dell’emergenza sanitaria) rievocano immagini tragicomiche di una inaudita incompetenza politica amministrativa. Senza precedenti.

Improbabile spoilerare testi o elementi di uno spettacolo di questo genere.

Strettamente attinente alla vita di ogni cittadino. A prescindere dalle personali idee politiche, dalla formazione culturale, dal ceto sociale o dal livello di informazione seguita.    

Proprio l’informazione e la professione che la tratta, il giornalismo, restano i portanti fondamentali per un sistema democratico di convivenza civile.   

Su questi temi, dirimenti sin dalle origini della Repubblica Italiana con l’avvento della Carta Costituzionale, il dibattito politico intellettuale ha degenerato nelle modalità più violente e divisive.

Le campagne mediatiche prima sull’adozione dei vaccini (no/pro vax); poi sulla contrapposizione fra “putiniani” e pro ucraini, fra pacifisti e interventisti, favorevoli all’invio di nuovi armi a sostegno di Zelensky; non lasciano margini di seri approfondimenti rispetto ad una narrazione omologata del conflitto. 

Le rassegne stampa dei principali quotidiani nazionali scorrono in alto sul display.

Riportano titoli e servizi firmati da note colleghe e colleghi della carta stampata. Puntualmente stigmatizzati (per usare un eufemismo) dal direttore del Fatto.

Che, rivendicando l’indipendenza della sua testata – distribuita da una società che produce informazione e contenuti editoriali, SEIF – si appella al suo pubblico, ai suoi lettori.

Per sostenerlo con la sottoscrizione di abbonamenti digitali al giornale e ai canali mediatici collegati.

Le ovazioni finali, il lungo firmacopie dei suoi ultimi saggi nel foyer del teatro, evocano antiche visioni sul crepuscolo del Novecento.

Sulle ceneri di Tangentopoli.

Come allora, una nuova generazione di underdog o più semplicemente quarantenni o giù/su di lì, cerca risposte adeguate al presente, al futuro di questa società.

Le prossime occasioni per incontrarlo: https://www.ilfattoquotidiano.it/2022/11/08/i-migliori-danni-della-nostra-vita-il-nuovo-spettacolo-di-marco-travaglio/6756310/

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