La luce della follia in una torre di babele. Wanda Marasco esplora l’elogio dell’imperfezione sospeso fra ragione e sentimento. “Di spalle a questo mondo”, un cammino storico nell’immenso scenario dell’umanità.

«In questo romanzo fatto di luci e ombre, in cui la storia individuale è sapientemente innestata in quella collettiva Wanda Marasco raggiunge il culmine assoluto di un affondo nell’umano che da Il genio dell’abbandono non smette di abbagliare e di sorprendere. Ogni frase, ogni parola è sapienza e cura. E la cura – come scrive l’autrice – è quasi tutto. »

La citazione stralciata chiude una ammaliante sinossi firmata nella seconda di copertina da Elisa Ruotolo. Collega, dell’amica Wanda Marasco, autrice del suo ultimo romanzo Di spalle a questo mondo. Un romanzo storico di una portata universale di visioni, contenuti, stati d’animo pubblicato nel gennaio di quest’anno per i caratteri di NERI POZZA.

La vicinanza fra le due scrittrici ampliata ad altre esponenti di quella fertile campania felix letteraria e non solo, esplicitata nei ringraziamenti finali è una prospettiva di solidale complicità non secondaria nell’opera omnia di oltre quattrocento pagine.

«Tornerò a casa. Da mia moglie. Non so precisamente quando, ma tornerò. Mia moglie ha il passo incagliato. Potrei guarirla di nuovo. Sono un medico, no? Sono sempre un medico. Potremmo guarire insieme…»

Quest’ultimo lavoro della Marasco narra e si ispira alla vicenda vissuta a Napoli tra Ferdinando Palasciano, nato a Capua nel giugno del 1815 e la moglie Olga de Vavilov, di origine russa. Giovane donna dotata di una naturale celata sensualità. Minata da una persistente zoppia ad una gamba che ne limita la piena autonomia.        

Le dinamiche di questo particolare rapporto d’amore fra i due protagonisti costituiscono la forza centripeta in un universo di moti politici, fermenti sociali, sentimenti forti. Uno spaccato storico in una società napoletana, specchio cruento delle relazioni umane. Ricondotte con una scrittura magnetica, densa di metafore allegoriche, alle cronache dei nostri giorni contemporanei.

In particolare gli ultimi anni vissuti dal medico partenopeo, avvinto dalle tenebre di una grave patologia psichica. Il contrasto distonico fra l’alto profilo del luminare partenopeo – impegnato nelle più alte istituzioni politiche nella tutela e nella cura dei militari feriti sui fronti di guerra – e la condizione psico fisica che lo condurrà in uno straziante percorso sino alla dipartita. Avvenuta il 28 novembre 1891.         

Ridurre i contenuti di questo romanzo alla narrazione di una fase temporale, decisamente drammatica nella vita di Palasciano, del suo rapporto  coniugale, sarebbe una semplificazione fuorviante. Decisamente inadeguata, rispetto all’ampia portata letteraria, politica, formativa del testo. Forte di preziose partiture in prosa. Con una varietà di forme espressive nei codici di linguaggio assunti dall’autrice, tale da renderne un’opera compiuta. Disegnata in una ricca tessitura nella trama. Arricchita da una schiera di autorevoli personaggi storici. Inseriti con una postura autonoma che riconosce pari dignità ad ogni profilo. Apparentemente recepito come comprimario.  «La follia in Ferdinando è un cammino che conduce alla sapienza.»

Una chiave di lettura, fornita dalla stessa Marasco, per derubricare azioni e posizioni dei “sani”. Un concetto ben chiaro nella prosa dell’autrice. Che alla pagina 313 presta la voce a Olga: «Lo hanno perseguitato. Ha tenuto tutto dentro per anni, fino a scoppiare. Me ne sono accorta troppo tardi. E ora siamo due rinchiusi. Io sto qui, lui è in manicomio.»

Wanda Marasco fonte: pagina facebook

Non da meno un contesto storico puntualmente contaminato dai diktat di strutture organizzate. Permeate nella pluralità della massa critica come presenze inevitabili. Sovrapponibili. E’ il caso della Chiesa. Intesa come classe istituzionale dogmatica. Gerarchia ecclesiastica, diversamente lontana dal carisma pastorale dei sacerdoti o dei religiosi ordinati. Ritenuti non sempre affidabili o coerenti al ministero loro affidato. I macigni di queste storiche inquisizioni, devastanti nel condizionare la stessa idea di famiglia risalta chiara alla pagina 120: «La trama del sangue scolpita in ogni sillaba. Di mezzo c’era la Chiesa che estendeva la colpa dell’incesto all’inverosimile. I cognati erano considerati parenti affini. Padre e madre s’erano sottoposti alla penitenza e alla pubblica umiliazione.»

Impossibile citare altri elementi salienti che il lettore coglierà in una scrittura magnetica. Strutturata con alcune declinazioni liriche che accompagnano con una efficace tecnica le azioni, i sentimenti di alcuni protagonisti. L’evoluzione della sofferenza di Olga, la cura alla quale anche lei è sottoposta, nelle attenzioni amorevoli del pittore Edoardo Dalbono, riflettono una dimensione universale dello stesso dilemma che insiste nel rapporto d’amore.      

Senza poter saltare a piè pari la corruzione evidente dell’umana vicenda. Dove le più nobili figure, ben disposte a consumare la propria esistenza in un progetto di vita, sono costrette, loro malgrado a volgere le spalle a questo mondo.

Dove alla follia degli orrori di atroci guerre e violenze quotidiane, la follia della ragione apre un orizzonte salvifico.     

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