Pandemia 2020. L’anno del cigno nero.

Difficile dimenticare le esortazioni di Papa Francesco esternate lo scorso quattro aprile alla vigilia della domenica delle Palme, ultima, precedente la Pasqua, festa liturgica centrale per la cristianità.

In quell’occasione il Pontefice ribadiva l’invito universale a non speculare sull’emergenza sanitaria della pandemia per insopportabili scopi personali. Un monito reiterato anche nei giorni a venire.

Sul catastrofico evento e le conseguenze del contagio globale sulle economie e relative relazioni politiche internazionali, non poteva evitare una puntuale analisi il numero 88 di Aspenia, rivista di Aspen Institute Italia, nella sua prima uscita 2020.

L’anno del cigno nero è il titolo eloquente che non può semplicemente sdoganare una fase storica. Inevitabile spartiacque determinante sui sistemi di convivenza fra Popoli e Stati sovrani.

”Un’epidemia – ha notato giustamente il direttore dell’Economist – è qualcosa di più di una malattia. Perché mette alla prova i sistemi sani­tari di una società, i suoi politici, l’efficienza del governo e l’economia. È un test che sta ponendo l’Italia in grande difficoltà, come del resto molti altri paesi a cominciare dal paese-zero, la Cina.

Aspenia, che compie 25 anni di attività proprio in questo strano e difficile 2020, cerca di riflettere su un punto specifico: possiamo considerare Covid-19 un “cigno nero”, ossia uno di quegli eventi rari e non previsti che esercitano un effetto drammatico, e di tipo sistemico, sul sistema in­ternazionale?”

Le note stralciate dall’editoriale firmato da Roberto Menotti e Marta Dassù (la versione completa è fruibile sul portale web https://www.aspeninstitute.it/aspenia/numero/lanno-del-cigno-nero) tracciano sinteticamente i contenuti del volume, giunto quest’anno alle non scontate nozze d’argento con i lettori.

Davvero complicato aggiungere altro rispetto alle autorevoli anticipazioni della coppia di giornalisti, responsabili di redazione della testata. Non immaginiamo la scaletta dei contributi secondo un ordine prioritario d’importanza. Va da sé che il saggio d’apertura curato dall’esperto di strategie politiche, John C. Hulsman riveste particolare interesse circa la genesi della crisi sanitaria.

L’epicentro del primo focolaio riconosciuto nell’oramai indimenticabile città di Wuhan con il suo mercato alimentare di Hunan, ha originato oltre l’atroce contagio, evolutosi nella pandemia, una serie di fenomeni degenerati su scala planetaria.

Le ricadute, non solo per l’aspetto della sicurezza e della salute pubblica, comporteranno mutamenti nello stile di vita e condizioni di socialità, economica, antropologica che nella fase contemporanea ancora non sono delineati, considerata la natura inedita del virus.

Il valore aggiunto offerto nell’analisi divulgativa di Aspenia consiste con parole povere

nell’inquadrare con una lente scientifica ad alta risoluzione le situazioni economiche preesistenti la catastrofe virale in Cina, rispetto a un brusco arresto dell’ascesa del pil nazionale asiatico, in atto già dal 2017. La contemporanea percezione di un profilo poco autorevole offerto dall’attuale leader governativo Xi Jinping ha dato la stura in queste ultime ore ad una sostanziosa sequela di Stati, capeggiati dal sempre più scomposto presidente americano (in odore di surreale riconferma alla Casa Bianca), nel rivendicare ammissioni di colpa (con relative riparazioni risarcitorie) da parte dello stesso stato cinese, indicato come primo responsabile della crisi planetaria.  

L’attuale scacchiere geo politico, già minato da croniche fragilità, destabilizzato dal ciclone pandemico, alterna mosse sofferte, non sempre espressioni di strategie sostenibili.

Un caso di scuola, la cosiddetta anglosfera 2.0 sintetizzata nel titolo da Julian Lindley –French, titolare di più cattedre accademiche nei principali atenei inglesi e americani, delinea la delicata partita avviata dal premier britannico con Brexit.

Partita tutt’altro che chiusa, quanto giocata in un campo non proprio stabile. Dove la convergenza con Washington non può eludere le attese di Bruxelles e della U.E.

In fibrillazione per le stesse tensioni registrate nei paesi fondatori, la Germania in primis. Nella bufera del contagio economico restano in piedi tutte le criticità internazionali, di colpo oscurate o sopite dal mainstream: i flussi migratori, osservati nel saggio di Ferruccio Pastore; l’area sempre più calda nel Mediterraneo analizzata da Carlo Jean, esperto di strategie militari. L’attuale posizione di Putin, osservata da Petr Kortunov, conoscitore della sfera internazionale russa. Senza dimenticare la valenza della divisa monetaria europea, letta dal nostro Giorgio La Malfa, presidente della Fondazione Ugo La Malfa.

Una serie d’inquadrature illuminanti su altrettanti panorami non sempre entusiasmanti.

Essenziali per comprendere al meglio la fase storica nella quale siamo, nostro malgrado, coinvolti quando non protagonisti.

“Il cigno nero del 2020 non ne è la causa ma il fattore scatenante.”

La chiosa che chiude lo stesso editoriale, ribalta in modo eloquente un cambio di prospettiva offrendone le ragioni oggettive.

Buona lettura.

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