Jack London, figlio del lupo. L’epopea di un mito esplorata da Romana Petri. 

“Perché so di chi sono figlio”- le rispose arricciando il labbro superiore. – “Forse non te ne sei mai accorta, ma io sono il figlio del lupo”.

Davvero improbabile sintetizzare con un’espressione un’opera narrativa, un poema epico, potremmo dire, riferendoci all’ultimo lavoro di Romana Petri, “Figlio del lupo”.

A questo libro, ricco di trecentosettantacinque pagine, date alle stampe da Mondadori, nella sua prima edizione dello scorso febbraio, va riconosciuta una doverosa premessa.

I riscontri della distribuzione, realizzatasi prevalentemente on line, nella nefasta quarantena, imposta dalla pandemia sanitaria, sono a dir poco incoraggianti. L’inverno più buio del pianeta ha oscurato migliaia di titoli, cancellandone l’uscita in tutto il mondo. Insieme al lavoro di anni di altrettanti autori e scrittori. La chiusura temporanea delle principali case editrici italiane, attive principalmente su Milano, con la serrata di tutte le librerie sul territorio nazionale, ha declinato la ridotta offerta sui canali di vendita digitali.

Il successo di questo nuovo avvincente romanzo di Romana Petri è stato notevole nonostante il duro handicap contingente. La recente riapertura della distribuzione tradizionale certamente potrà favorire nuove edizioni di questo libro dai respiri ampi.

Romana Petri.
Immagine tratta dalla pagina Facebook.

Densi di riferimenti storici e forti pulsioni emotive. Cifre di una narrativa piena e fluida, alla quale ci ha abituato l’autrice.

Il progetto letterario della Petri, forte di due anni di lavoro, non consiste in un’elaborazione biografica tout court dello scrittore americano nato a 1876 San Francisco il 12 gennaio 1876, fra i più famosi e discussi del ventesimo secolo. Bensì l’esplorazione intima nell’irripetibile esistenza terrena di un uomo straordinario.

Capace di svelare un universo antropologico e sociale (quello americano ma non solo) che ha segnato i principi moderni della società occidentale industriale del primo Novecento.

La trama si sussegue in un turbinio di episodi del giovane Jack che evocano a loro volta romanzi di altri personaggi, protagonisti della vasta produzione dello stesso scrittore. Divenuto tale già nella sua giovinezza dove aveva attraversato i più svariati lavori, le imprese più temerarie, quando non impossibili. Nelle pagine di un romanzo corale non è difficile scorgere l’attenzione dell’autrice per i ruoli primari della famiglia d’origine del protagonista.

Dettaglio non trascurabile nella narrativa della scrittrice che non esaurisce il tratto d’unione con il suo ultimo sublime lavoro sul tema, Pranzi di famiglia (Neri Pozza editore, marzo 2019 https://www.laltraribalta.it/2019/06/27/pranzi-di-famiglia-nei-meandri-dei-legami-familiari-lintrigante-esplorazione-di-romana-petri/  .)

Nel frangente è la madre, Flora Wellman, a ricoprire un ruolo determinante, con la sua complicata personalità esoterica, nella crescita del figlio e nella determinazione delle sue scelte decisive.

La giostra tumultuosa di progetti e lavori nei quali l’adolescente Jack muoverà i suoi veloci passi nella spasmodica ricerca d’indipendenza e di affrancamento dalla povertà economica, pullulerà di donne e amori.

Come un beato o eletto fra le donne, si consumerà la sua stoica instancabile vita.

Sono otto, nove per la precisione, le donne che ricoprono un peso sentimentale consistente in questo peregrinare continuo. Ai quattro principali amori della sua vita, riportati nel testo (Mabel, il primo dell’età adolescenziale, Bessie, la sposa ragionevole, Anna, ammaliante scrittrice russa e Charmian, fedelissima quanto gelosa compagna e ultima moglie), sarà onnipresente la già citata madre Flora e la sorellastra Eliza. Le due uniche figlie, nate dal primo matrimonio con Bessie, rimarranno gli amori più sofferti per una definitiva lontananza. Conseguente alla sua consapevole assenza di padre. Mentre un’anonima e corpulenta amica dei momenti più bui, sarà il puntuale rifugio, estrema se non disperata ricerca di un figlio maschio che non arriverà.

Il mancato erede sarà una fra le cocenti delusioni che l’indomito Jack tenterà di supplire con improbabili tentativi di adozioni collettive, allargate a una serie d’innumerevoli ospiti delle sue tenute. Gesta alternate fra una spasmodica generosità consumata in tante iniziative della sua smisurata intraprendenza. Surrogata da un uso smodato dell’alcool.

Dalle traversate marittime consumate o ideate, alle tentate imprese da armatore di faraoniche imbarcazioni. Sino alla diversificazione lavorativa nell’agricoltura e nell’allevamento. Anche in questa fase ultima di una breve vita, spesa all’insegna di depauperamenti insostenibili di risorse. Ottenute in ogni caso con un’inverosimile produzione letteraria da almeno mille parole al giorno.

Nel riverbero narrativo del romanzo si stagliano fermenti storici che produrranno i presupposti rivoluzionari e bellici del secolo breve.  La genesi del sogno americano imperante e capitalista, contrastato dalla lotta proletaria e socialista alla quale l’irruente sognatore manifesta una sua postulata adesione. Amplificata da una critica pronta a cavalcarne le gesta nei successi editoriali. Quanto a irriderne le clamorose cadute di stile nella vita privata.

“Sapevo che Jack London ti sarebbe piaciuto…” – La citazione di Mario Petri, padre di Romana, riportata dalla scrittrice in prefazione al testo, rende omaggio al suo primo iniziatore all’opera di Jack London.  La stessa Petri confessa la sua preferenza per i “caratteri forti, complicati, talvolta prepotenti”.  L’assonanza alla figura paterna con lo scrittore americano, scomparso a soli quarant’anni, è emersa in un’interessante presentazione del libro, realizzata in una diretta streaming molto partecipata lo scorso otto aprile.

Sulla pagina Facebook della pregevole piattaforma “Scrittori a domicilio”, fra le migliori iniziative digitali nate per contrastare l’isolamento sociale del coronavirus,  Romana Petri ha approfondito la sua partecipazione interiore alla stesura del libro.

Romana Petri.
Immagine tratta dalla pagina Facebook

“Io entro in tutti i personaggi quando entro in un libro. – Per me la letteratura è guadare un fiume: quando nuoti e giungi all’altra sponda, guardi e scopri come poteva essere la prospettiva”.    

Un viatico importante per un’auspicata graduale ripresa degli incontri nelle librerie, nelle piazze, nei festival letterari con le scrittrici, gli autori, i lettori con tutta la filiera distributiva coinvolta.  Buona lettura.

 

 

 

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