Storie di poteri e sentimenti nella Sardegna del sedicesimo secolo. Ciro Auriemma svela una Cagliari da scoprire sulle orme di Miguel De Cervantes.

“Abbandonare gli amici mormorò, quasi che d’improvviso fosse solo. Non è forse questo tra i più gravi dei peccati?”

Il passaggio, stralciato dal sesto intermezzo che intervalla, a sessantadue anni trascorsi dai fatti, – dando fiato, quasi concedendo un pit stop al lettoreuna narrazione avvincente, dai tratti frenetici; centra un sentimento indissolubile dell’animo umano: l’amicizia.

La citazione la troviamo (alla pagina 128 del libro) nel dialogo fra la voce narrante Pablo Sanchez e il giovane in ascolto. Ansioso di colmare tanti interrogativi nella sua breve esistenza.

La voce trascinata dell’anziano Pablo, si innesta in una intrigante matrioska narrativa racchiusa nel romanzo storico “La lama e l’inchiostro”, scritto da Ciro Auriemma.

Disponibile in libreria da poco più di un mese, per i caratteri di PIEMME editore,

il romanzo dello scrittore cagliaritano esplora l’ambiente storico dell’antica Caller (l’attuale città metropolitana di Cagliari), risalente al 1573 sotto la dominazione spagnola;

ispirandosi alle gesta del mitico scrittore, poeta, drammaturgo, militare spagnolo Miguel De Cervantes.

Nella travagliata vita del grande letterato madrileno, noto in tutto il mondo per essere l’autore del capolavoro letterario universale “Don Chisciotte della Mancia”, l’autore cagliaritano incastona in una stupefacente finzione, un approdo dell’epico soldato spagnolo sull’isola. Durante la sua fuga in Italia. Avvenuta nel 1570 per scampare al taglio della sua mano destra, accusato di aver ferito tale Antonio de Segura.

L’incipit della storia segna l’incontro fortuito in una malfamata bettola di Caller, fra Miguel e Pablo.

Ciro Auriemma. Fonte: pagina facebook dell0 scrittore.

Giovane di poche speranze, già nell’insano aspetto fisico, in evidente sovrappeso. Per questo, appellato col dispregiativo “Gordo”.

La sua già penalizzante capacità di relazione è ulteriormente inficiata da una evidente balbuzie nell’uso della parola. Pablo sogna d’intraprendere la carriera militare e affrancarsi dall’opprimente alveo paterno: una sdrucita bottega di tessuti. Frequentata per lo più da improbabili commesse. Vessate e disposte ad assecondare nel retro vendita, i più bassi istinti del lussurioso padre padrone. Avvezzo a dominare l’inetta personalità di Pablo anche con l’uso della cinghia dei suoi penzolanti calzoni.

Accerchiato e bullizzato da una greffa di minacciosi soldati, in preda ai fumi di abbondanti bevute di vino scadente, Pablo è liberato e facilitato alla via d’uscita dalla trappola infernale, grazie al repentino intervento di Miguel e del suo pugnale.

La fulminea coraggiosa azione dello spagnolo avvia la prima fuga della neonata coppia di complici. Facilitata dalla perfetta conoscenza di Pablo, di vie e scorciatoie per dileguarsi al sicuro. Lontano dai malconci inseguitori. Riorganizzatisi numerosi dopo i colpi inferti da Miguel.

Il quale di lì a breve incasserà il pegno riconoscente di Pablo. Corso a salvarlo dalle milizie governative che lo cercano per arrestarlo. Dopo aver trovato il suo pugnale sul cadavere di Felipe Dulces. Nobile cagliaritano, marito dell’avvenente donna Eleonora, amante dell’intrepido De Cervantes.

Questo evento dà la stura a una serie di fughe in luoghi che ritornano fra Cagliari e i suoi dintorni. Combattimenti all’arma bianca con scene cruente e rocambolesche.

Ciro Auriemma. Fonte: pagina facebook dello scrittore.

Da una parte l’ostinata resistenza fisica e morale di Miguel, pronto a immolare la sua vita, piuttosto che difendersi dall’accusa infondata di omicidio, dovendo, per questo, violare senza possibilità di scampo, l’onore dell’amata Eleonora.

Dall’altra la fragile tenuta di Pablo conteso, inconsapevolmente nel suo ego, fra l’audace sogno d’indossare una divisa per combattere al fianco del suo amico –  l’unica persona a riconoscergli la dignità del rispetto, il profumo dell’amicizia – e l’umana paura di soccombere e soffrire le violenze fisiche di nemici e sopraffattori.

Sullo sfondo, nell’incalzare di scontri epici e colluttazioni salgariane, la narrazione coinvolgente di Auriemma focalizza nitidamente le dinamiche storiche negli intrecci familistici delle lotte di potere.

Perpetuate nella (relativamente)  tranquilla autonoma periferia del vice regno sardo.

Rispetto al lontano potere centrale di Madrid.

Il filo rosso degli orrori di roghi e processi sommari comminati dalla lucida follia della Santa Inquisizione (che propaga le trame del tribunale religioso sino alla sua sede di Sassari) illumina il lettore.

Riducendo gli stereotipi di una presunta esclusività di un solo credo monoteista – quello mussulmano – imprescindibile dalle “guerre sanguinarie di religione”.

Strumento pretestuoso per l’imposizione di un potere assolutista teocratico asservito alla corruzione e al mantenimento della casta dominante.

Contrapposto, in tutte le epoche dominate dalle gerarchie ecclesiastiche, da esempi di fede autentica. Incarnati in religiosi, votati alla testimonianza del martirio, in coerenza alla presenza del Redentore, pastore visibile per il popolo dei credenti e no.

Ciro Auriemma. Fonte: pagina facebook dello scrittore.

Con il ricorso dei sedici intermezzi ambientati nei pressi di Ruinas nel 1635, distribuiti fra i cinquantotto paragrafi del 1573, la scrittura magnetica di Auriemma consegna al lettore una tela di imprevedibile umanità da vivere e ritrovare senza particolare fatica nella nostra società contemporanea.

Buona lettura.

Print Friendly, PDF & Email