Nient’altro che la verità.

Il ritorno di Michele Santoro e il risveglio dei dormienti.

“C’erano una volta in Italia la mafia, il sangue, il dolore e la speranza. E c’erano un killer, un giornalista e un vulcano. Il vulcano c’è ancora.”

Una metafora greve, realisticamente dolorosa, chiude l’ultima fatica letteraria di Michele Santoro.

Il cronista salernitano, autore di tante inchieste giornalistiche e trasmissioni irripetibili sul contrasto alle mafie, torna con inevitabile e stridente contezza su una delle dinamiche più inquietanti e irrisolte della nostra pur giovane storia repubblicana.

Gli attentati stragisti compiuti da Cosa Nostra nel 92 – 93 che nel novero delle vittime inclusero i giudici palermitani Falcone e Borsellino e la collegata trattativa stato – mafia, riservano, dopo circa trent’anni, zone grigie d’impunità e depistaggi evidenti.

Nonostante una normativa specifica per questo scellerato tipo di reato.

“Nient’altro che la verità” è il titolo più che eloquente di un’interessante quanto discussa visione su una pista.

Battuta con l’indomita, appassionata dedizione, cifra del giornalista, autore di Annozero e Servizio Pubblico.

Giunto a una personale maturazione, forte anche delle settanta primavere, raggiunte proprio nei giorni scorsi.

Il saggio, edito per i caratteri di Marsilio editore (in prima edizione nello scorso aprile 2021),

ricostruisce le fasi salienti che caratterizzarono le azioni militari stragiste di Cosa Nostra.

Circoscrivendo fatti e personaggi, non sempre noti, rispetto alle consolidate cronache e a un’ampia letteratura di genere.

L’uscita di questo libro è stata accompagnata da un prevedibile clamore polemico.

Probabilmente riferito più alla particolare personalità divisiva dell’autore, rispetto ai contenuti dello stesso saggio.

Che in ogni caso ha dato la stura a prese di distanza, da quanto sostenuto in alcuni passaggi del testo, anche in alcune personalità d’indiscussa autorevolezza.

Alcune delle quali congiunti di note vittime, ammazzate da Cosa Nostra. 

Un fenomeno che, unito alla cifra accesa e partecipata dell’autore, aumenta l’attenzione e l’approccio d’indagine del lettore.

Sicuramente parziale, se limitato al paventato sondaggio, indotto da una critica sommaria, sull’attendibilità delle dichiarazioni del principale protagonista del saggio, il pluripregiudicato killer siciliano, Maurizio Avola.

Ex “uomo d’onore”, decisosi a collaborare con gli inquirenti, fornendo nuove versioni.

Atte a illuminare gli attori partecipanti, reali protagonisti ancora celati, alle stragi palermitane del ’92, rappresentanti intenti politico istituzionali non ben definiti.

Affidando al giudizio del lettore eventuali inediti scenari sulle conclusioni, di quel processo per l’ignobile trattativa, segnata con un tratto indelebile dalla sparizione dell’agenda rossa del giudice Borsellino;

non si possono non apprezzare indiscutibili elementi oggettivi nella trama narrativa di Santoro.

Che presuppongono una completa lettura del saggio, nella stringente contemporaneità segnata dalle dinamiche della pandemia.

Con Santoro ci si può o ci si deve convergere su alcuni elementi collaterali.

Foto tratta dalla pagina facebook Michele Santoro Presenta

Che non possono ritenersi secondari rispetto alla necessaria ricerca di una verità storica.

Una verità che non si è manifestata trenta anni fa. Tanto meno oggi.

 La stampa e il mondo dell’informazione, nonostante il dominio della blogosfera, rivestono un ruolo dirimente.

Basta rileggere uno stralcio dalla pagina 56:

“Lo specchio deformato di questa ˂metropoli a metà˃ distesa ai piedi dell’Etna è il quotidiano

La Sicilia≫.

Racconta ogni giorno ai suoi lettori un mondo inesistente in cui la vita scorre tranquilla, e a parte qualche episodio di ordinaria criminalità. Una bugia enorme così ripetutache fa nascere nella stessa borghesia imprenditoriale la necessità di un giornale diverso che rompa questa rappresentazione compatta e conservatrice, una specie di presepe vivente di cui si rischia di restare prigionieri. Nasce Il Giornale del Sud, e Pippo Fava, giornalista colto e appassionato autore teatrale, sembra il direttore ideale per rianimare un corpo sociale che non può essere rappresentato da una classe dirigente cieca, ignorante e ottusa.”

In un altro stralcio (alla pag. 110) tratto dai dialoghi fra l’autore giornalista e il reduce, ex affiliato al clan catanese di Nitto Santapaola, l’allusione a gravi crimini e infami comportamenti, contaminati anche negli apparati togati e nei gangli istituzionali dello Stato, non è leggera:

“Gli omicidi sono atti di giustizia, sentenze alle quali non ci si può sottrarre.

Non si sfugge a Cosa Nostra. Con lo Stato italiano puoi farla franca, fabbricare prove false, comprare giudici e testimoni. Con Cosa Nostra no.”

Così come alcuni passaggi tratti dalle testimonianze di Scarantino (falso pentito manipolato nella gestione della trattativa) circa il “trattamento persuasivo” durante la sua detenzione carceraria, riservatagli dai rappresentanti dello Stato italiano.

Straordinari fili rossi che collegano trame e azioni non degne di uno Stato di Diritto, perpetuate sino ai giorni nostri con i recenti fatti di cronaca.

Nuovi velenosi lieviti di “violente iniziative anticostituzionali” applicate nelle sedi istituzionali della Repubblica, considerando tale una casa circondariale, un penitenziario.

Corsi e ricorsi svelati e raccontati alla pubblica opinione grazie al lavoro e alla professionalità di un altro giovane giornalista campano. Eccellente esponente in quell’esperienza maturata sul campo (spesso equiparabile ai teatri di guerra), nel giornalismo d’inchiesta.

Nient’altro che la verità cattura una lettura impegnativa che non elude dati oggettivi.

A prescindere dalle preferenze e dai gusti personali dei lettori, non è pensabile rubricare un lavoro di questa portata come una visione soggettiva o portatrice di nuovi teoremi non sufficientemente attendibili. 

Senza dimenticare che in quest’ultima inchiesta di Michele Santoro, partecipa con un contributo importante Guido Ruotolo, come ricordato dallo stesso autore nei ringraziamenti che concludono il libro.  

Guido Ruotolo Foto tratta dalla pagina facebook.

Le stesse pagine, pregne della nostra storia repubblicana, condividono quella stagione stragista di Cosa Nostra, con una classe di giovani reporter.

Collaboratori in più progetti giornalistici, di Michele Santoro.

Foto tratta dalla pagina facebook Michele Santoro Presenta

Ragazzi nei primi anni novanta che sono cresciuti con la dedizione e il rispetto deontologico di una professione essenziale, di primaria e vitale importanza nelle infrastrutture sociali di uno Stato democratico.

Al netto degli orientamenti politici di ogni cittadino e lavoratore, il sangue versato dai Pippo Fava, Walter Tobagi, Giancarlo Siani, Ilaria Alpi, Maria Grazia Cutuli, continua a sciogliersi e rinnovarsi ogni giorno.

Sostituire un corretto e plurale contraddittorio nell’ambito dell’informazione nazionale su questi temi così complessi e importanti con le reiterate schermaglie e le velenose polemiche che coinvolgono più esponenti della carta stampata;

non rende onore al testimone lasciato in eredità da chi ha immolato il proprio sangue, credendo nel rigore del proprio lavoro ogni giorno.

Se pensiamo che i nostri figli possano ancora realizzarsi in un Paese civile e democratico, non possiamo voltare altrove il nostro sguardo con saccente presunzione rispetto ai temi scomodi e urticanti che ci procurano fastidio o sofferenza.

Ancor di più dopo la normalizzazione anestetica del nostro pensiero nella sospensione cognitiva da covid19.

Buona lettura.  

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