Fai piano quando torni, il primo romanzo di Silvia Truzzi.

“Vedi Napoli e poi…”. Il noto adagio ritorna accendendo più di un sorriso a conclusione dell’ultima pagina di un bel romanzo popolare da leggere, il primo di Silvia Truzzi, firma di punta de “Il Fatto Quotidiano”, già responsabile della redazione milanese del quotidiano romano fondato nel 2009.

Il titolo, “Fai piano quando torni”, in libreria per i caratteri di Longanesi editore, racchiude l’essenza intima e dolce di una vicenda dura e contemporanea.  Che incrocia la vita delle due protagoniste, lontane e diametralmente opposte per carattere oltre che per l’età, con quella di tre famiglie contigue in un arco storico di due generazioni nella nostra società italiana.

La prima parte della vicenda si svolge a Bologna, in una camera d’ospedale che ospita le due donne. Margherita, giovane avvocata è reduce da un grave incidente, dove ha rischiato la vita, riagguantata dopo terribili giorni trascorsi in coma; Anna un’anziana quanto arzilla signora cardiopatica, vicina all’ottanta, ha subito un intervento al femore. La giovane è renitente alle sollecitazioni terapeutiche per una graduale e lunga ripresa che passa anche per un’insperata deambulazione, chiusa in una campana insonorizzata, violata a mala pena dall’affetto materno, onnipresente al suo capezzale.

Margherita continua a vivere ma il trauma che la paralizza nel suo letto è un duplice insostenibile lutto. Il primo fisico e irreversibile, la prematura scomparsa dell’amato papà, l’altro, l’improvvisa separazione dal suo compagno che continua ad amare e vagheggiare un suo ritorno.

Di opposto umore il profilo di Anna, un fiume in piena, non sconta alcun segreto sul suo passato, condiviso a suo unilaterale volere: un matrimonio da dimenticare con un marito aguzzino, fortunatamente passato ad altra vita e una figlia miserabile, attaccata solo ai soldi di famiglia. Ovvero a quelli realizzati dalla vulcanica paziente, meravigliosa cuoca, riscattatasi da vedova in una brillante attività autonoma nella ristorazione dopo anni di schiavitù pseudo matrimoniale. L’ardore e l’irruenza dell’anziana degente sono alimentati da un amore parallelo quarantennale, consumatosi e mai interrotto con un intenso rapporto epistolare con Nicola, carabiniere napoletano, anche lui con una (felice) famiglia consolidata alle spalle.

L’esuberanza di Anna coinvolgerà Margherita in un’improbabile amicizia che monterà giorno dopo giorno in un rapporto intimo e familiare che sarà la base di un percorso inedito, totalmente inatteso.

Silvia Truzzi. Immagine tratta dalla sua pagina Facebook

Un costrutto tenue e dolce in una prosa leggera e avvincente, pagina dopo pagina, costruisce un capolavoro di resilienza e vitalità depurate da tentazioni fiabesche. Abbozzate nelle righe veraci stralciate dalle lettere dei due amanti che segnano l’inizio di ogni capitolo. Un fermo immagine spartiacque tra una generazione pudica e analogica pre ottanta e quella più vicina alla vigilia del terzo millennio già convertita al messaggio short del telefonino. C’è il cuore del Vesuvio nello sfondo solare della storia, con un’iperbole glamour alla Casati Modignani (l’alloggio all’hotel vip sul lungomare Caracciolo) che sostengono la svolta positiva avanzata dalle protagoniste. Un affresco sentimentale che sdogana retoriche anacronistiche sulla figura femminile nella famiglia, nella società italiana e consegna immagini più aderenti alla realtà popolare e quotidiana. Il battesimo editoriale dell’otto marzo non sembra casuale. I riflessi autobiografici confermati dalla stessa autrice confermano l’avvento di una nuova e ottima romanziera che tocca di fino le corde di una narrativa alta, essenziale.  Fai piano quando torni – importante che torni – ci auguriamo volentieri.

 

( fonte:  http://caratteriliberi.eu/2018/06/08/recensione-libri/fai-piano-quando-torni/ )

 

 

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