“Una città senza vie di mezzo, del resto: quelle, si sognano.”
Scrivere un saggio o un romanzo su Napoli per un autore, un’autrice napoletana è sempre un’impresa dagli esiti non scontati. Più di uno scrittore o scrittrice autoctona rifuggerà dall’idea, evitando il rischio di essere incluso nel novero dei replicanti delle iniziative scontate. Con la possibilità molto realistica per il candidato mentore, orante della propria città, di aggiungere l’ennesimo stereotipo alle stereotipate conclusioni di un infinito dibattito. Sempre aperto su tutto ciò che attiene la storia, la cultura di una città continente.
La citazione di apertura chiude un saggio che rappresenta, con un affascinante prospetto, l’originalità di una guida unica. Nell’attraversare un percorso storico, culturale di una città con i suoi figli. Protagonisti di un tempo scandito nei secoli.
Che continua a catalizzare un’attrazione universale. Con una reiterata versione inedita mai superata. Capace di continuare a stupire intellettuali, osservatori, semplici visitatori o residenti. Suscitando ogni giorno una inquietudine crescente. Fonte inesauribile di ardore e meraviglia. Gioia e sofferenza.
Potremmo chiudere con questa premessa l’invito alla lettura dell’ultimo progetto letterario di Antonella Cilento.
Il sole non bagna Napoli, disponibile in libreria dallo scorso dieci aprile, edito per i caratteri di Bottega Errante Edizioni, è molto più di quello che si possa immaginare da poche riflessioni condivise al termine di una prima escursione visionaria.
“E Napoli ha ancora un grande e raffinato editore, un’Adelphi napoletana. Promesse e delusioni, l’antico ciclo vichiano. Da qualunque libro ci si affacci su Napoli, siamo un balcone antico.”
La Cilento conosce bene tempi e registri di una scrittura coinvolgente.
Non essendo casualmente, da oltre trenta anni, titolare di uno dei più antichi laboratori di scrittura italiani (https://lalineascritta.it/). Se consideriamo le competenze storiche, artistiche circa luoghi, scrittori e personaggi. Che animano secoli di miti, fiabe e quant’altro. Seppure d’indicibile o scabroso, la navigazione non è a vista. Quanto tracciata da coordinate impresse nella mente o nel cuore.
L’avanzata nei quartieri, nelle storie della città avviene fra luci ombre. Ambienti cupi, setacciati dagli occhi della città. L’autrice adotta la metafora della cecità, declinando un temporaneo offuscamento della propria vista per il distacco di una cataratta, in un caleidoscopio di ambientazioni fantastiche. Fluttuanti in epoche storiche che balzano disinvoltamente da ipogei di sepolture paleocristiane al Palazzo delle Arti di Napoli.
Gli orizzonti esplorati dalla Cilento incrociano avi e scenari in luoghi abbracciati dal Mediterraneo, uniti da comuni destini di bellezza e dileggio:
“Tutto il sottosuolo di Taranto, come quello di Napoli, è una miniera: necropoli sotto grattacieli, case e giardini, templi e terme sotto la città antica. La parte migliore, di accecante bellezza, di questo lontano passato è al MArTA, il Museo Archeologico, come accade al MANN di Napoli, mentre il presente è un cadavere barocco sfregiato dalla contemporaneità. Le ferite si chiamano Italsider e Ilva.”
L’amenità di luoghi e paesaggi inediti passa per le presenze e le eredità di autori impressi nei loro passaggi in città:
“Ripenso spesso a una delle prime cronache giornalistiche da Napoli, una lettera scandalizzata di Francesco Petrarca sulla via di Carbonara, l’attuale via San Giovanni a Carbonara, che lamenta le giostre sanguinose nella discarica della munnezza di allora, subito fuori le mura. E anche a un racconto citato da Franchini, uno fra i più belli di Stevenson, Un tetto per la notte, dove si mette in scena la cupa Parigi medievale di Francois Villon percorsa dai lupi.”
Il ritorno della luce, coincidente con la guarigione agli occhi dell’autrice, illumina le bellezze flegree che ci conducono ai giorni nostri. Il sogno continua.
Buona lettura.
https://www.antonellacilento.it/326-il-sole-non-bagna-napoli