Il ritorno degli anni Venti nel terzo millennio nella crisi globale post pandemia.
“Per ora sappiamo che la crisi economica e sociale scatenata dalla pandemia è più grave della grande recessione del 2008 – 2010; e rischia invece di produrre una grande Depressione, con dinamiche che ricordano i primi decenni del secolo scorso.”
La nota richiama l’editoriale firmato a quattro mani da Roberto Menotti e Marta Dassù per l’ultimo saggio in uscita, numero 89, di Aspenia.
Un numero, manco a dirlo, dedicato non direttamente alla pandemia del Covid-19.
(dominante nel numero del venticinquennale, il primo nel 2020: https://www.laltraribalta.it/2020/05/03/pandemia-2020-lanno-del-cigno-nero/ )
quanto alle implicazioni geo politiche di lunga durata che il fenomeno potrà riservare alla nostra vita e non solo.
La metafora espressa in copertina, efficace incontro fra la bozza del disegno con i titoli e i sottotitoli, detta la cifra nell’analisi dei contenuti proposti.
Dove emergono puntualmente elementi di confronto rispetto ai ricorsi storici del ventesimo secolo, in particolare con l’articolata ripartenza europea nella fase post bellica del primo conflitto mondiale.
In queste ore, quando il mainstream mediatico italiano è impegnato in una pressoché unanime campagna agiografica circa l’accordo europeo sull’utilizzo dei corona bond, più noti recovery fund, all’insegna di una ritrovata inedita solidarietà dell’Unione a trazione tedesca;
i contributi proposti da Aspenia sono coerenti circa la strategia di alcuni delicati dossier.
La sequenza delle relazioni è anticipata da un’intervista al professor Sabino Cassese, giudice emerito della Corte Costituzionale sul delicato rapporto instaurato in termini di governance dell’emergenza pandemica fra i dettami della Costituzione e il diritto della persona alla propria riservatezza.
Un dibattito riaperto e già quasi “normalizzato” sul fronte dell’emergenza pandemia, riguarda il ricorso alla comunicazione e alle interazioni digitali, di colpo accelerate e imposte dal lungo periodo di lockdown.
Mariarosaria Taddeo, filosofa eticista a Oxford, evoca la necessità di linee etiche chiare e condivise circa la tutela dei diritti umani rispetto all’attività dei grandi operatori multinazionali attivi in rete.
Il“divario digitale”, la privacy in rete rispetto al dominio dell’intelligenza artificiale con l’utilizzo dei big data sono sviluppati con un ragionamento chiaro e divulgativo. A chiusura dell’articolo, supportato da una bibliografia internazionale di ricercatori, è riproposto con una grafica per matita, lo schizzo impresso nel blu elettrico di copertina.
Cristina Alberini, professore presso il Center for Neural Science della New York University, traccia un quadro fluido circa le ricadute del contagio virale sulla salute mentale, con tutti i risvolti sociali procurati dai disordini dell’ansia.
L’evoluzione dei processi traumatici, sofferti nelle risposte fisiologiche legate allo stress imposto dal regime di prevenzione sanitaria. Senza trascurare l’approccio scientifico ai necessari percorsi di resilienza, atti a estinguere gradualmente tutti i fattori critici e ostativi per un auspicato ritorno alla normalità.
Senza dubbi, fra i più complessi e interessanti temi affrontati, quello sviluppato da Julianne Holt-Lunstad, docente di Psicologia e Neuroscienze presso l’Università di Brigham Young, tocca un nervo scoperto. Una sofferenza patita in una ampia percentuale di popolazione in questa terribile crisi. L’isolamento e la solitudine prodotti da un grave deficit di connessione sociale, rappresentano le premesse per una recessione sociale e globale.
Gli effetti di ritorno potrebbero determinare danni all’equilibrio della salute, esplorati già dall’Alberini, di portata ben maggiore con mutamenti strutturali negli stili di vita precovid, ancora ignoti e non apprezzati.
Le dinamiche del lavoro nell’era post covid19 rappresentano una globosfera di ragionamenti, teoremi e proiezioni dagli esiti non propriamente certi.
Il contributo offerto da Domenico De Masi, professore emerito di Sociologia del Lavoro, presso l’Università La Sapienza di Roma è una formazione illuminante su quelli che potranno essere i nuovi riferimenti portanti per il nostro modo di esporci, socializzare e affrontare un’inedita gestione del nostro tempo disponibile. Rispetto a nuove frontiere sulla concezione del “lavoro” con una piattaforma di regole e luoghi di esercizio (si pensi solo ai cenni innovativi apportati con lo smart working) radicalmente diverse dal nostro attuale immaginario.
Il volume non evoca orizzonti esclusivamente plumbei né apocalittici. Senza tralasciare lo “scenario” finale del numero con approfondimenti squisitamente geopolitici, dove non può mancare un aggiornamento sull’atipico rapporto Russia Cina (osservato da Marta Ottaviani),
non possiamo non ricordare il “caso italiano”. Una fonte pura di benevoli auspici che registra riscontri eccellenti nella comunità scientifica internazionale.
La vicenda del giovane ingegnere bresciano Cristian Fracassi, della sua Innova, capace di sottrarre migliaia di altre vittime allo sterminio del covid19, mirabilmente narrata da Riccardo Luna è un viatico determinante nel sistema globale firmato Italia.
Le testimonianze raccolte, contestualmente ai protocolli d’intesa raggiunti in sede di Consiglio dei Ministri Europei, nelle ultime ore, confermano l’eccezionale snodo di svolta raggiunto in un consesso collegiale. Riunito, quasi costretto, in un’irreversibile intesa solidale. Che ben si allinea a quella “pace di Berlino” richiamata in copertina.
L’opportunità di un cambiamento di passo, votato maggiormente alla convivenza dei Popoli, al miglioramento del loro benessere, alla riduzione delle diseguaglianze, assume uno spartiacque epocale. All’uopo citiamo (con il probabile favore del direttore Dassù) la chiosa di Gianna Nannini rilasciata nell’intervista nell’ultimo numero di Robinson (Repubblica – Antonio Gnoli):
“Non so se saremo capaci di essere all’altezza della situazione. L’occasione c’è. Perderla sarebbe l’ennesima conferma della stupidità umana”.
Ci congediamo da questa proposta di lettura con la chiusura della coppia di editorialisti, responsabili della testata. Un appello che richiede la consapevolezza del contributo di ognuno di noi: “Una Unione Europea che funzioni potrà fondarsi sul recupero di un certo grado di solidarietà; che tuttavia richiede, per essere esercitata, una forte responsabilità nazionale. Da parte di tutti.”